giovedì 15 marzo 2012

Il Sessantotto

Tra il 1950-’70, in conseguenza al boom economico che interessò i Paesi industrializzati, si assistette, in America e in Europa in particolare, all’aumento dei consumi privati e non essenziali, come l’abbigliamento, le automobili, gli elettrodomestici, ovvero i cosiddetti “consumi superflui”, che portarono alla standardizzazione dei modelli di consumo: si affermò così quella società consumista caratterizzata dal rapido invecchiamento tecnologico di molti prodotti industriali, dalla frequente sostituzione dei beni d’uso corrente molto al di là delle necessità imposte dall’uso materiale, dal massiccio, e spesso invadente, condizionamento esercitato da un’onnipresente pubblicità e da una certa tendenza allo spreco.
Per questa società così costituita, a partire dagli anni ’60 si assistette ad una sorta di rifiuto ideologico in quanto la si accusava di sostituire allo sfruttamento economico di tipo tradizionale una forma più subdola e raffinata di dominio, esercitata soprattutto attraverso la pubblicità e i mass media, fu per questo che si assistette alla ripresa delle ideologie rivoluzionarie di matrice marxista e tra i giovani riscosse molto successo il pensiero della Scuola di Francoforte.La contestazione studentesca degli anni ’60 e ’70 nascono proprio da questa realtà e inizialmente si configurò come rifiuto delle convenzioni, di vera e propria fuga dalla società industrializzata (fu specialmente il caso delle comunità hippy con il loro ritorno alla natura) e alla creazione di una cultura alternativa, in cui confluivano pratica della non violenza e religiosità orientale (buddismo, induismo), consumo di droghe leggere e  messaggi della nuova musica.
In seguito la rivolta giovanile assunse forme più politicizzate e trovò i suoi centri propulsori nelle università, dove la scolarizzazione di massa aveva concentrato un ceto studentesco più numeroso e socialmente più articolato di quanto non fosse stato in passato.
Gli studenti, tramite le occupazioni delle università, le autogestioni, le assemblee e le manifestazioni volevano far sentire la loro voce ed esprimere il loro dissenso verso: le politiche imperialiste, in quanto “la violenza dispiegata contro i popoli del terzo mondo era la prova tangibile di quanto limitata e condizionata fosse la libertà che veniva loro promessa, apparente la pluralità delle scelte consentite, ipocrita la buona coscienza del dopoguerra” (1968 Dizionario della memoria); la critica era rivolta anche alla guerra in Vietnam e all’autoritarismo della società, “autoritaria era la famiglia che riproduceva i ruoli già definiti e stigmatizzava ogni comportamento deviante, autoritaria la scuola che trasmetteva un modello di disciplina sociale e un’educazione alla subalternità”

I movimenti di protesta studentesca videro l’alba in America nel ’64 con l’occupazione dell’università di Berkeley che si ribellò ai divieti imposti dalle autorità accademiche di fare politica nelle università.La lotta degli studenti universitari americani fu indistricabilmente collegata al movimento  per i diritti civili,importanti furono le rivendicazioni razziali dei neri con Martin Luter King e Malcom X, e a quello pacifista, mobilitato soprattutto contro la guerra in Vietnam.
 A partire dal ’65, infatti non fu più possibile tracciare una netta via di divisione tra lotta studentesca e impegno contro la guerra e i bombardamenti.
Tutti i principali momenti di lotta nei campus, dai grandi scioperi alle occupazioni, mira il sud-est asiatico. Direttamente, con la cacciata dei reclutatori dalle università e con le manifestazioni contro gli uomini in visita del governo, e, più spesso, indirettamente,denunciando il coinvolgimento delle università nello sforzo bellico,soprattutto a livello di ricerca tecnico scientifica,e chiedendo l’interruzione dei rapporti, spesso strettissimi, tra grandi università e strutture militari e paramilitari. Anche in Europa è presente la contestazione che divenne più forte intorno al ’68-’69; i giovani cercano una maggior liberta in una società rigida, spesso di regime,vogliono una maggior partecipazione politica e una più forte democrazia di base oltre a riforme universitarie che ridimensionino la selezione diretta o indiretta all’interno degli istituti.
 

Gli studenti si attivarono in occupazioni  manifestazioni e assemblee a cui i governi rispondevano con arresti e repressioni e da cui si svilupparono il “maggio francese” e la “primavera di Praga ”:braccio di ferro tra occupazioni e sgomberi della polizia, manifestazioni e repressioni che spesso si trasformavano in scontri violenti e guerriglia urbana.


 


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